Vendita esperienziale: il negozio Olio Carli a Padova

Il negozio esperienziale: un nuovo modo di vendere

Il ruolo chiave del punto vendita può rimanere tale solo cogliendo la necessità
di trasformarsi in un luogo esperienziale, capace di offrire al consumatore sia competenze sia emozioni. Il punto vendita gioca un ruolo fondamentale nel generare valore per il cliente-consumatore: deve necessariamente trasformarsi in un luogo in cui l’atto di acquisto diventa “shopping esperienziale”, condito da interazioni multimediali. Emozionare il consumatore sarà la leva preponderante delle nuove tipologie di negozi: il prodotto dovrà abbandonare momentaneamente il ruolo di protagonista per lasciare il posto all’ambiente e alle caratteristiche strutturali del negozio e lavorare in un sottile gioco di seduzione.
Il pubblico, probabilmente stanco della fredda virtualizzazione promossa dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto partecipativo ed emozionale.
Ecco allora che il punto vendita risponde dotandosi di strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i sensi del cliente. Vista e udito, pur rimanendo i sensi principalmente coinvolti, sono oggi affiancati dall’olfatto (come ad esempio, in quanto sembra che odori e profumi giochino un ruolo fondamentale sia nella fase di accostamento al prodotto sia nella fase di ricordo; il cliente, poi, all’illuminazione al neon preferisce le luci soffuse e i colori tenui. Fondamentale appare anche il ruolo del design nella ridefinizione del punto vendita.

Olio Carli

E’ proprio a partire da queste premesse che nasce il primo ed unico punto vendita in Italia di “Olio Carli”.
Il marchio è noto a molti soprattutto per la buona qualità del prodotto, ma anche per una caratteristica che lo rende diverso da tutti gli altri: quest’olio non si trova nei supermercati o nelle drogherie, ma è venduto solo a domicilio.
La cura del rapporto con la Clientela è basilare: si premia la fedeltà nel fare gli ordini, il procurare un nuovo Cliente, un lieto evento come il matrimonio o la nascita di un bambino. Dal 1923, inoltre, ogni famiglia riceve il Calendario Carli e con il primo ordine il prestigioso Ricettario redatto per la prima volta nel 1936.
Sin dall’anno della sua fondazione nel 1911, la Fratelli Carli produce Olio di Oliva di qualità superiore, ma nel corso degli anni al prodotto principale si sono affiancate molte altre specialità: tonno, olive in salamoia, paté, pesto, marsala e vino. La tradizione e l’esperienza, unite alla ricerca delle tecnologie più avanzate, hanno consentito alla Fratelli Carli di conquistare la leadership di mercato nel suo settore, e soprattutto la capacità di soddisfare le esigenze di migliaia di Clienti.
Nel 1997 nascono inoltre i Cosmetici “Linea Mediterranea”, una completa gamma di prodotti per la cura del viso e del corpo che, forte dell’esperienza maturata in 90 anni di lavoro tra gli uliveti della Liguria, la Fratelli Carli ha messo a punto esaltando i principi attivi naturali dell’olio d’oliva.

Il negozio di Padova è un tipico esempio di negozio esperienziale. Organizza periodicamente brevi stage di una giornata sulla degustazione dell’olio, insegnando a riconoscere profumi, acidità, colori rendendo il cliente realmente immerso nello spirito “Olio Carli” fino a confondervisi. Nelle degustazioni vengono inoltre serviti assaggi delle produzioni della gastronomia, così da approfondire la conoscenza con l’azienda e rendere forte il legame con il cliente.
Seguendo l’esempio precedente periodicamente sono organizzati anche incontri con estetisti che su appuntamento fanno testare i prodotti di cosmesi.
Tutto all’interno del negozio parla la lingua Olio Carli. Gli scaffali su cui sono esposti i prodotti sono accuratamente ordinati e i prodotti allineati con una meticolosità tale da far percepire che l’ordine e la cura impiegati nell’esposizione sono solo una conseguenza della cura e dell’amore impiegati nella produzione di tutto ciò che si vede. La commessa stessa è un esempio di qualità e precisione, e lo si evince anche nelle risposte che ci ha dato nella breve intervista riportata.

Un caso particolare di comunicazione pubblicitaria di moda: Prada e Luna Rossa

Abbiamo visto come molto spesso i prodotti innovativi hanno difficoltà a superare la nicchia dei consumatori anticipatori. Come superare questo limite e arrivare a conquistare segmenti di domanda più consistenti? Analizzate, portando una adeguata documentazione multimediale, un caso aziendale che si è distinto per aver saputo comunicare con successo l’innovazione al mercato.

PRADA PRIMA DI LUNA ROSSA

Prima del 2000, anno dell’ aventura del team Prada’s Challenge for America’s Cup, Prada era arroccata nel settore alta moda dell’abbigliamento. A differenza di molte aziende concorrenti, non era ancora riuscita o non aveva voluto, lanciare con decisione una linea sportiva più commerciale e commerciabile.
I mercati più favorevoli all’azienda erano quelli americano e giapponese mentre in italia, probabilmente a causa prorpio della mancanza di una linea “giovane” e più sportiva, l’appeal sul pubblico non era quello sperato.

3 FEBBRAIO 1997, MILANO, ITALIA

L’idea. Una sera, in un ufficio nei pressi del Duomo, Patrizio Bertelli e lo yacht designer argentino German Frers discutono della costruzione di una barca da crociera. “Perché non facciamo la Coppa America?” “Facciamo la Coppa America!”. In 15 giorni, dal nulla, si consolida il nucleo di un progetto sportivo che resterà nella memoria degli italiani e di tutti gli appassionati del mondo: nasce il Team Luna Rossa. Pochi mesi e la squadra è completa, tutto è pronto per iniziare gli allenamenti. Sono tre le barche a disposizione: America, Mighty Mary e Kanza, ereditate dell’americano Bill Koch, vincitore nel 1992. Si traccia il futuro: due anni e mezzo di sveglia alle sei, palestra, in mare, ancora palestra; tre trasferte agli antipodi; un anno e mezzo di cielo e mare neozelandesi; la grande emozione per il varo delle due Luna Rossa, snelle, eleganti, color argento, per i neozelandesi saranno “Silver Bullet”, proiettile d’argento.

 

6 FEBBRAIO 2000, AUCKLAND, NUOVA ZELANDA

Un’esplosione di gioia. Sono passati 3 anni e 3 giorni, siamo dall’altra parte del mondo. Ad Auckland il sole splende e il mare brilla. Francesco de Angelis e i suoi uomini scrivono un pezzo di storia sconfiggendo 10 avversari. L’ultimo della serie è l’americano Paul Cayard con la sua barca verde e grigia, ci vogliono tutte le 9 regate previste dal regolamento per strappargli il sogno di diventare sfidanti, quelli che affronteranno i padroni di casa per la conquista del trofeo sportivo più antico al mondo, la Coppa America. Più di 700 barche di ogni foggia e dimensione accorrono verso Luna Rossa per festeggiare la vittoria della Louis Vuitton Cup, il trofeo per il vincitore della lunga maratona necessaria per selezionare il team più bravo. Per la prima volta uno skipper italiano partecipa alla Coppa America e per la prima volta la Coppa si disputa senza una barca americana. Il cancello della base, da sempre rigorosamente chiuso, si apre per accogliere famiglie, amici, tifosi, giornalisti. Inizia una grande festa, indimenticabile.

 

La fine di un sogno e l’inizio di una nuova sfida
2 MARZO 2000, AUCKLAND, NUOVA ZELANDA.

Nel caso di Prada si può parlare di moda attraverso la comunicazione di massa legata al fenomeno sportivo “Luna Rossa”. Prada ha scommesso sulla sponsorizzazione di un evento sportivo, che in Italia era ed è considerato di nicchia, per rilanciare la propria linea di abbigliamento sportivo. La scommessa è stata vinta, l’American’s cup 2000 ha avuto un seguito di pubblico superiore alle aspettative e il tutto si è ripercosso in maniera esponenziale sulla azienda di abbigliamento. Prada ha sfruttato, con l’utilizzo della barca a vela, il mare e il cielo, tutti i riferimenti all’evento sportivo dell’America’s Cup, in cui il team di Luna Rossa, guidato da De Angelis, era completamente sponsorizzato e vestito dal marchio milanese. Questi particolari dimostrano come l’azienda milanese, durante le regate, ricorrendo ad un mezzo “non convenzionale” (stampa, spot televisivi o altro) si sia fatta grandissima pubblicità. Affermare che il gruppo Prada, con tale mossa, abbia voluto conseguire appeal verso i consumatori italiani; infatti come è noto il mercato più favorevole all’azienda è stato da sempre quello americano e giapponese. Approfittando del coinvolgimento e della partecipazione del pubblico all’evento sportivo, Prada ha fatto conoscere la sua linea sportiva aumentando notevolmente il fatturato delle vendite in Italia. È stato come se, il pubblico per sostenere e supportare “emotivamente” Luna Rossa, comprasse scarpe e borse Prada e dicesse: “Anch’io io faccio vela e tifo Luna Rossa”. Nella pubblicità il riferimento continuo al mare è dominante, soprattutto grazie all’utilizzo del colore, all’ ambientazione e all’abbigliamento indossato. I colori vengono definiti dall’azienda milanese “NAVY” e sono sulle tonalit\’e0 del celeste, azzurro e bianco; non manca mai il riferimento a Luna Rossa con un dettaglio anche irrilevante ma tassativamente rosso. Per concludere, l’affascinante universo di internet sicuramente abbatte numerosi limiti come il tempo, i mezzi e i luoghi. Tranquillamente da casa e “cliccando” i vari siti è possibile seguire in tempo reale quello che succede nel mondo, è addirittura impossibile “parlando di moda” non imbattersi in siti dedicati al complesso mondo della vela.

A poco più di un anno dall’inizio dell’America’s Cup, la macchina da guerra della Prada’s Challenge for America’s Cup 2003 ha ricominciato a muoversi (perlomeno ufficialmente poichè, per la politica dei piccoli passi, essa non ha mai smesso di lavorare). Un salto nel passato. E’ giusto fare un piccolo excursus, per capire come e quando è nata l’idea di Patrizio Bertelli di partecipare a questa prestigiosa sfida sportiva internazionale.

La Storia

La leggenda narra che un giorno (per l’esattezza il 3 febbraio 1997) Patrizio Bertelli si trovava nel suo ufficio di Milano in compagnia di German Frers (noto progettista di barche) per parlare di una nuova barca da crociera; nel bel mezzo della conversazione Bertelli chiese improvvisamente: “E perchè non facciamo la Coppa America”?

Grazie ad una frase pronunciata impulsivamente, a sette anni dell’avventura del Moro di Venezia, un team battente bandiera italiana tornava a partecipare nella gara più ambita dagli amanti della vela. Nel giro di pochissimo tempo, Bertelli crea una squadra capitanata da Francesco De Angelis e ne definsce i ruoli. Il resto è ormai storia. Per quanto le ragioni della partecipazione alla Coppa America siano state originariamente di tipo agonistico, oggi quando si parla di Prada’s Challenge for America’s Cup non si può evitare di pensare al brand Prada Sport, in quanto (involontariamente?) esso è diventato uno degli strumenti più importanti, e sicuramente il più spettacolare, per parlare del marchio sportivo di Prada e per veicolarne e diffonderne i valori.

La Strategia di comunicazione
Ma analizziamo le strategie di comunicazione del gruppo Prada’s Challenge for America’s Cup: se il canale maggiormente utilizzato per alimentare ed incrementare l’attenzione e l’interesse nei suoi riguardi è la stampa, lo strumento principale per far si che ciò avvenga è il sito Internet. Il rapporto con i media viene gestito dall’Ufficio Stampa capitanato da Paolo Martinoni, esperto di comunicazione sportiva, nonchè grande appassionato di vela così come la maggior parte dei funzionari e dei dipendenti di Prada’s Challenge for America’s Cup, una scelta che crea empatia nell’organico e trasmette il senso di affiatamento di una “squadra”, non solo sportiva.

Il Brand
Quando si parla di brand non ci si può affrancare dai valori che essa trasmette; nel caso del Prada’s Challenge for America’s Cup i valori che spiccano maggiormente sono quelli della discrezione e del “low profile” (che tornano nello stile elegante di Prada tout court); come testimonial in grado di trasmettere queste doti innate, Bertelli ha scelto Francesco De Angelis un personaggio che non ama mettersi in mostra e che, finora, ha sempre fatto parlare al posto suo i risultati e gli esiti delle gare, una strategia sicuramente vincente che negli anni passati è stata ripagata da un amplissimo seguito che ha contribuito a rinfrescare, tra l’altro, il senso di italianità nel mondo.

Il team di De Angelis è riuscito inoltre a trasmettere sentimenti forti, come il coraggio e il gusto per la sfida. La vela, difatti, è uno sport che non solo mette agonisticamente un uomo contro l’altro, ma lo pone innanzitutto a confronto con un elemento tanto incontrollabile quanto pericoloso come il mare, accentuando quindi il senso epico dell’avventura che ha affascinato numerosi narratori e romanzieri. Un’altra componente del successo della Challenge for America’s Cup è il senso di intimità instillato nel pubblico che assisteva alle gare. Esse, infatti, venivano trasmesse a tarda notte a causa della differenza di fuso orario, creando involontariamente un evento o fenomeno di nicchia. Il senso di appartenenza ad un gruppo ristretto, ad un team vincente ma non spocchioso, sempre con i piedi per terra, ha contagiato buona parte degli italiani. Se all’inizio i fan erano pochi e veri esperti di vela, in seguito il numero di telespettatori è aumentato tanto che molti italiani si sono scoperti improbabili velisti.

Tutti gli elementi che hanno determinato il successo della Prada’s Challenge for America’s Cup si ritrovano anche nel brand Prada Sport, creando un gioco di sovrapposizioni e di mutua identificazione tali da renderli pressoché inscindibili. Questo gioco è ulteriormente rinforzato dal logo, un rettangolo rosso (la passione?) con il nome Prada in grigio (la tecnologia?), che salvo la dicitura “Prada’s Challenge for America’s Cup 2002” è uguale a quello usato per l’abbigliamento sportivo. Anche il sito web, la cui home page con sfondo blu cobalto richiama il colore del mare, emette indiscutibili segnali di legame con il brand Prada: su tutte le schermate troneggia il marchio Prada.

 

Il “low profile” di questo brand si evince anche dal minimalismo formale dell’abbigliamento sportivo, linee semplici, ma hi-tech dati i materiali sempre tecnologici . Di recente, maestri delle scuole di sci europee più prestigiose (una per tutte la Suvretta Snowsports School di St. Moritz) sono diventati testimonial dell’abbigliamento sportivo invernale della Prada, caratterizzato per l’appunto da capi avveniristici e ultramoderni come le giacche in Gore-tex con segnalatore antivalanga.

Dal punto di vista della diffusione del marchio, il team Prada è risultato in passato sicuramente uno strumento comunicativo vincente. Il target della manifestazione è sicuramente compatibile con il mercato e la clientela del marchio Prada.

PRADA DOPO LUNA ROSSA

Prada attraverso questa identificazione totale con l’avventura di Luna Rossa, ha lanciato una linea di abbigliamento sportivo, “da vela”, che ha ottenuto un successo ecclatante sul pubblico.
Risulta facile l’esempio della “scarpetta” da barca utilizzata dai membri del team di Luna Rossa, commercializzata in seguito alla vittoria nella Louis Vuitton Cup, che si è rivelata un must per almeno un paio d’anni tra le calzature “sportive-eleganti” della classe medio-alta.
Tuttora nella pubblicità il riferimento continuo al mare è dominante, soprattutto grazie all’utilizzo del colore, all’ambientazione e all’abbigliamento indossato.I colori vengono definiti dall’azienda milanese “NAVY” e sono sulle tonalità del celeste, azzurro e bianco; non manca mai il riferimento a Luna Rossa con un dettaglio anche irrilevante ma tassativamente rosso.

Il design italiano: Artemide e Diesel

 

Si scrive Made in Italy e si traduce in abiti eleganti e design sofisticato. Ma non solo. Dal cibo italiano alle soluzioni tecnologiche più avanzate in campo meccanico e della robotica, sono tanti i settori che danno lustro all’economia nazionale nel mondo, sostenuta e rappresentata dal lavoro e dall’iniziativa di grandi imprese e da un vasto reticolo di piccole e medie imprese. Un rilevante apporto all’immagine positiva dell’industria italiana è dato dai nostri designer famosi in Europa e nel mondo.

Per quanto riguarda il design industriale, esso abbraccia diversi settori. Il più vasto sicuramente è quello relativo al mobile e al complemento d’arredo nel quale l’Italia è leader nel mondo. Con oltre 35 mila imprese e circa 230 mila addetti, l’Italia è il secondo produttore mondiale di mobili dopo gli Stati Uniti ed è leader assoluto delle esportazioni mondiali, con il 45% di export (8 miliardi di euro) sulla produzione totale e una quota di export italiano di mobili pari al 17% del mercato mondiale.

Il “sistema moda” comprende l’insieme di settori che producono beni per “vestire le persone”. Oltre al tessile e all’abbigliamento, quindi, sono coinvolte altre tipologie di imprese legate alla produzione di accessori, come quelle conciarie (pelletteria e calzature), produttrici di occhiali, gioielli, cosmetici. Un sistema che rappresenta oltre il 6% dell’intero PIL e ben il 18% delle esportazioni.

 

 

Artemide

 

Il Gruppo Artemide, fondato da Ernesto Gismondi e Sergio Mazza nel 1959, oggi opera attraverso 16 società controllate e partecipate e 35 distributori esclusivi in tutto il mondo. Attraverso gruppi di lavoro differenziati, che operano a monte e a valle di tutto il processo progettuale, la ricerca scientifica del Gruppo Artemide vuole garantire che la luce sia compagna dell’uomo, come fonte di piacere fisico e di benessere psichico. Questa finalità è riassunta nel messaggio The Human Light.
The Human Light è la luce intelligente, che sa di doversi porre in rapporto con le persone, accompagnandole nelle loro attività quotidiane, all’interno di ogni specifico contesto di vita. Soddisfare i bisogni che la gente non sa ancora di avere.
Ecco i punti chiave di questa azienda attraverso le parole di Ernesto Gismondi:
– Artemide parla molte lingue, i fatturati sono sempre stati realizzati per il 65% all’estero. Il fatturato del 2005 si aggira sui 96 milioni di euro. In crescita anche in un mercato piatto come quello Italiano (3%).
– Tre regole per resistere alla concorrenza: un elemento è quello della qualità del prezzo. Vuol dire che l’acquirente non è disposto a spendere di più per quella lampada In più la lunga durata del prodotto e puntare sul risparmio energetico.
– La concorrenza cinese fa paura, offre prodotti a prezzi competitivi ma senza garantire alcun servizio
– Il Design è un must; il gusto è in costante evoluzione e bisogna anticiparlo. Oggi il problema del risparmio energetico non è più una questione di bolletta ma di etica.

La capacità di capire quello che le persone si aspettano dalla luce, e di offrire soluzioni in cui bellezza e funzionalità si fondono in performances uniche: questo ha reso e mantiene Artemide protagonista internazionale della luce. Tre sono i punti di forza Artemide: Competenza, Made in Italy, Design.

La competenza

Sviluppo di tecnologie originali e di riferimento, collaborazione con i migliori designer di ieri e di oggi, valori del Made in Italy sviluppati con maestria, luce a misura d’uomo: queste sono le radici della competenza Artemide. Una competenza che in tutti i Paesi del mondo, quotidianamente, a fronte delle esigenze mutevoli di popoli differenti, risponde in modo tempestivo e flessibile alle più variegate esigenze, contribuendo con la luce a migliorare la qualità della vita degli uomini. La competenza in Artemide è un valore diffuso che ha nel progetto “The Human Light” (fare le lampade per gli uomini e non adattare gli uomini alle lampade) il proprio progetto di riferimento.

Il made in Italy

Artemide ha contribuito a creare e a far crescere il Made in Italy, rimanendo fedele ai valori che in esso si riassumono. Essere testimonial attivo del Made in Italy significa per Artemide avere la sensibilità solo italiana di unire creazione e tecnologia, di armonizzare forma, funzione, innovazione ed efficienza, di raggiungere nuovi concept espressivi non solo in termini di eleganza ma anche di durata e di sintonia con lo spirito del tempo: e di conseguire con ogni nuovo prodotto livelli inediti non solo sotto il profilo tecnologico ma anche del design.

 

Il Design

Il design Artemide costituisce un unicum straordinario nella vita culturale di quasi mezzo secolo. L’azienda ne continua la tradizione con vigore e passione, sorprendendo sempre per la capacità di aprire nuove strade tecnologiche ed espressive. Determinante è stato il rapporto che da sempre lega Artemide con i designer più famosi di ieri e di oggi: un rapporto che è andato ben oltre la pura collaborazione produttiva e si è connotato come affinità, condivisione di entusiasmi e di obiettivi. Ed anche come unità d’intenti che vede Artemide contribuire ai progetti con la propria genialità tecnologica. I prodotti Artemide fanno parte delle più rappresentative collezioni di design, come quelle del Victoria and Albert Museum a Londra e del MOMA e del Metropolitan Museum a New York.

 

 

Diesel

“Da oltre 25 anni lavoriamo per fare di DIESEL una Marca icona di uno stile di vita unico, simbolo di un’innovazione sempre all’avanguardia, di una freschezza creativa ma anche di una qualità esemplare. Oggi, DIESEL è sinonimo di uno stile «casual premium» in termini di abbigliamento e di accessori. Oltre agli accordi di licenza di successo per i nostri occhiali, i nostri gioielli e orologi, cerchiamo il meglio per la categoria dei profumi, non solo in termini di sviluppo prodotto, business e savoir-faire ma anche in termini di affinità sul piano umano. Questo ultimo dato è un fattore chiave per ciascuna delle nostre licenze: il nostro partner ideale deve capire sempre e saper tradurre lo spirito e l’attitudine DIESEL nel miglior prodotto”.

Diesel è uno stato mentale: significa essere aperti alle novità, ascoltare il proprio intuito ed essere onesti con sé stessi. Vogliamo offrire al consumatore un total look che riflette questo atteggiamento

Sono parole di Renzo Rosso, presidente fondatore dell’azienda. Diesel è diventata una marca culto per i giovani dai 18-35 anni in tutto il mondo. Lavorando in modo molto originale sul jeans e sul casual wear di alta gamma, Renzo Rosso, ha saputo inventare più che una moda, una vera attitudine illustrata in modo emblematico dalle sue campagne pubblicitarie e dalle sue tecniche di marketing sempre di rottura. Diesel è oggi uno dei marchi più noti al mondo, parte della cultura giovanile internazionale. Può legittimamente considerarsi il primo brand a credere nell’esistenza di un villaggio globale e ad abbracciarlo in pieno

Diesel, società non quotata con sede a Molvena (Italia), è presente in 180 paesi, con 5.000 punti vendita di cui oltre 300 monomarca. I flagship stores, di cui il primo aperto a New York nel 1996 e seguito da tutte le grandi capitali, si collocano sempre nel cuore dei quartieri più trendy e fanno dei prodotti Diesel accessori essenziali del guardaroba moderno di lusso.

Nel corso degli anni la notorietà del marchio è costantemente cresciuta, rafforzandosi a tal punto che Diesel è riconosciuto come dei più importanti fashion brand mondiali, che offre il massimo della creatività e dell’innovazione in tutto ciò che porta il suo nome. Le licenze sono un modo naturale per l’azienda di allargare la propria offerta al consumatore finale a condizione che anche i prodotti licenziati rappresentino lo spirito, la filosofia e il design che contraddistinguono il marchio Diesel.

 

L’azienda e un po’ di storia
Diesel è un’azienda innovativa e internazionale che produce jeans, abbigliamento casual e accessori. Un marchio leader nella ricerca di nuovi stili, tessuti e processi produttivi, garanzie di un prodotto di straordinaria qualità. Diesel è presente in oltre 80 paesi del mondo, con 10.000 punti vendita e circa 120 negozi mono-marca, di cui 50 di proprietà e 70 in società con partner locali.

Quando Renzo Rosso fondò l’azienda nel 1978, voleva che il suo diventasse un marchio leader, capace di rischiare e di trovare un suo spazio nel mercato. Si circondò di persone creative e piene di talento, innovatori che, come lui, rifiutavano qualsiasi cieca osservanza delle ricerche di mercato e dei diktat della moda. Fin dall’inizio agli stilisti fu lasciata la massima libertà di seguire il proprio intuito e la propria creatività: il risultato fu la nascita di uno stile non omologato, un modo per esprimere la propria personalità.

Nell’ottica di Diesel, il mondo è una macro-cultura senza confini e le persone che vi lavorano riflettono questa concezione: giovani di tutto il mondo che creano dinamismo e vitalità. I metodi di lavoro di questa comunità cosmopolita sono così poco convenzionali da divenire oggetto di innumerevoli servizi giornalistici e televisivi, studiati da aziende internazionali, società di consulenza e università di tutto il mondo.

Gli “historical moments” della Diesel includono il 1978 (nascita del marchio), il 1985 (completa acquisizione dell’azienda da parte di Renzo Rosso), il 1991 (inizio della strategia di marketing e comunicazione internazionale), il 1996 (apertura del primo negozio-immagine Diesel in Lexington Avenue a New York) e il 2000 (anno di acquisizione di Staff International).

Renzo Rosso ha sempre creduto nella necessità di rivolgersi al mondo intero con un solo prodotto e un unico linguaggio: uno dei suoi primi passi quindi è stata la costruzione di una solida ed ampia rete distributiva nei cinque i continenti

Oggi Diesel è un’azienda globale con un fatturato consolidato annuo di oltre 770 miliardi di lire, l’85% del quale realizzato fuori dall’Italia. Il quartier generale ha sede a Molvena, in provincia di Vicenza, da dove l’azienda controlla 12 filiali in Europa, Asia e nelle Americhe, contando su 1500 dipendenti.

La maggior parte della produzione viene realizzata all’esterno da aziende medio-piccole e la produzione del jeans, in particolare, ha luogo esclusivamente in Italia. Tutta la logistica internazionale (sia per quanto riguarda la vendita all’ingrosso che al dettaglio) è centralizzata e controllata direttamente dal quartier generale.

 

 

 

Le innovazioni di prodotto: alcuni casi

Innovazioni Radicali

I videogiochi
Il videogioco nasce verso la seconda metà degli anni 40 come una sfida per l’interazione tra uomo e macchina. Bisognerà attendere la fine degli anni 70 per vedere un videogioco collegato alla televisione di casa come rappresentazione virtuale della realtà. Nasce quando le televisioni sono ancora in bianco e nero e dispone solo di poche modalità di gioco: ping-pong, squash, tiro con la pistola.
E’ da considerarsi una innovazione di tipo radicale perché per la prima volta viene cambiato l’approccio al mondo del gioco, in quanto il divertimento da fisico, come il ping-pong o il tennis, viene rappresentato virtualmente.
Se ancora di più estendiamo la disamina sui videogiochi da bar di quegli anni, come i vari Space Invaders o PacMan, vediamo che portiamo dei significati completamente nuovi al termine gioco, che fino ad allora aveva visto il flipper elettromeccanico come unica macchina da svago ma sempre con il medesimo. L’elettronica, in questo caso porta con sé una infinita possibilità di inventare storie, scenari, livelli di difficoltà e bonus di punteggi.

Supporto di memorizzazione USB allo stato solido (chiavetta USB)
Ripensando ai Floppy Disc, scomparsi nella sostanza dei fatti da appena un quinquennio, superati dai CD-Rom, come dispositivi di archiviazione dati, sia da un punto di vista di appeal estetico ma soprattuto per una notevole capacità di memoria in più, ci appare oggi sorprendente come anche quest’ultimi siano destinati all’estinzione in un tempo se non analogo, addirittura inferiore.
La chiave USB rappresenta un ulteriore passo in avanti, se non due, tre, quattro o cinque…
nell’evoluzione tecnologica dell’immagazzinamento dell’informazione informatica.
Riteniamo essere questa innovazione di tipo radicale per un semplice motivo: le basi tecnologiche che la sorreggono, sono totalmente differenti da quelle che sostenevano gli altri due supporti di memora “volatile” Floppy Disc e CD-Rom; quest’ultimi si basavano sulla scrittura di un dischetto che una volta inserito nel computer veniva letto.La chiave USB è invece un sistema di memoria compatto, non gira per essere letto come i dischetti, è un “semplice” contenitore di memoria che una volta inserito all’interno dell’apposita porta svuota il contenuto di nostro interesse all’interno del PC.
Inoltre la capacità di memoria è infinitamente superiore e la possibilità di poter utilizzare questo supporto illimitatamente, cancellando ogni volta con un “clik” i dati non più di nostro interesse, ci portano a pensare che l’immediato futuro sia tutto verso questa tecnologia.
Un punto a sostegno della nostra previsione arriva dal fatto che è imminente il lancio del primo album o “disco” ( come lo si è chiamato fin ora ) dei Keane, gruppo inglese, in chiave USB da 512 MB.

Pila/batteria ricaricabile ioni di lito portatile
Nata da una ricerca chimica, fabbricata per la prima volta da Lewis nel 1912 (come batteria al litio), viene utilizzata in massa sul mercato negli anni ‘90 commercializzata da Sony. Cambia il concetto e la percezione dell’energia che prima era fruibile in modo portatile solo con pile monouso.
L’innovazione è di tipo radicale perchè presenta la possibilità di accumulare l’energia in uno spazio/oggetto portatile (cambia l’architettura dell’energia) più volte (contro le zinco carbone), senza effetto memoria (contro le NiCad), e allo stesso tempo inducendo una modifica importante nello stile di vita, considerando che permetterà anche un’evoluzione tecnologica degli apparecchi elettronici di ultima generazione.
Grazie a questa pila è possibile usufruire di strumenti elettrici portatili con maggiori autonomia e leggerezza.

Radar
RADAR sono le iniziali delle parole inglesi RAdio Detection And Ranging, e significa radiorilevamento e determinazione della distanza a mezzo di onde radio
I primi studi sul radar ebbero inizio negli USA e in Europa contemporaneamente negli anni trenta, poi l’imminenza del secondo conflitto mondiale accelerò, ma ne rese segrete le ricerche che si svilupparono separatamente nei vari stati interessati al conflitto e ne rivolse l’interesse principalmente a scopi militari come avviene sempre in queste circostanze. Molte tecnologie sono nate prettamente per usi bellici per poi essere Ri-mediate per utilizzi “civili” (ricordo il telegrafo senza fili e Internet fra i mezzi di comunicazione)
Gli studi furono particolarmente approfonditi in Inghilterra, negli USA e in Germania così, ad esempio, l’Inghilterra fu protetta da una catena di radar per intercettare gli aerei tedeschi che dalla Germania la sorvolavano per bombardarla e si può dire che questo dispositivo ebbe certamente un ruolo determinante sull’esito di quella battaglia.
Il funzionamento è abbastanza intuitivo; si tratta essenzialmente di un sistema di rilevamento funzionante sul principio dell’eco, in cui il trasmettitore irradia periodicamente energia sotto forma di impulsi di microonde di grande potenza, ma di durata molto breve. Gli impulsi radar vengono irradiati da un’antenna parabolica fortemente direttiva che li trasmette alla velocità della luce verso il bersaglio. Se gli impulsi trasmessi non incontrano alcun ostacolo, non tornano più indietro, mentre se incontrano un aereo, una nave, una montagna, una piccola parte dell’energia irradiata ritorna all’antenna trasmittente dopo un tempo brevissimo sotto forma di eco. L’eco viene visualizzata, sotto forma di spot luminoso, su uno schermo costituito da un tubo catodico di forma circolare. Poiché la velocità di propagazione degli impulsi radar è perfettamente nota, dal tempo impiegato dal segnale a raggiungere il bersaglio e a ritornare indietro, si può ricavare la distanza dello stesso.
Ci troviamo di fronte ad un’altra invenzione radicale; nato come sistema difensivo durante la seconda guerra mondiale, il radar non solo ha influenzato notevolmente le sorti del conflitto (facendo pendere la bilancia a favore degli inglesi) ma ha successivamente rivoluzionato il modo di concepire i viaggi in aereo permettendo voli a condizioni atmosferiche prima ritenute impossibili. Lo stesso vale per le imbarcazioni e come abbiamo visto per i tanto odiati Autovelox, Ri-mediazione della tecnologia per la misurazione della velocità.

Architetturali

Telecomando tv a infrarossi
Piccolo dispositivo a raggi infrarossi che consente di trasmettere fino a qualche decina di metri un segnale codificato che viene raccolto da un apposito ricevitore.
Il principale vantaggio fornito dal telecomando è quello di poter centralizzare in un unico posto tutti i comandi così da poter azionare o intervenire sull’apparecchio telecomandato anche da una postazione a distanza.
L’innovazione è di tipo radicale poiché, pur sfruttando una tecnologia pre-esistente, quale quella della trasmissione ad infrarossi, nella sua applicazione ha consentito un prodotto che il mercato ancora non conosceva.
Viene facile l’esempio del telecomando del televisore il quale, prima dell’invenzione del telecomando stesso, doveva essere azionato e gestito dalla postazione in cui era situato,
con grande scomodità in un momento che doveva essere di assoluto relax.

E – MAIL
La e-mail è indiscutibilmente uno dei più grandi e importanti progressi riguardanti la telecomunicazione globale. Grazie alla posta elettronica è possibile comunicare da ogni parte del mondo in maniera veloce ed efficace, purtroppo però a livello di sicurezza presenta più di qualche incertezza a causa del grande girovagare di Virus. La mail nasce nel 1971 quando Ray Tomlinson scrive il primo messaggio di posta elettronica e sempre lui introduce la famosa chiocciolina, @, che separe il nome dell’utente dal nome del server. Lo standard ufficiale dell’e-mail viene elaborato nel corso degli anni attraverso varie tappe, l’ultima delle quali è la RFC 821 dell’agosto 1982, con la quale si definisce SMTP (Simple Mail Transfer Protocol), il protocollo di trasmissione dei messaggi e-mail tuttora in uso. La mail è un invenzione nuova, di tipo radicale, infatti grazie ha nuove architetture e componenti ha creato un prodotto nuovo e totalmente innovativo all’interno del mercato informatico che prima non si sarebbe neanche potuto immaginare. Grazie alle electronic mail è possibile comunicare fra più persone distanti migliaia di Km. in tempi veloci, quasi immediati. Un invenzione che è di fondamentale importanza sia a livello lavorativo, ma anche a livello personale.

SKYPE
Skype è un software di istant messaging e VoIP, introdotto nel 2002, capace di unire le caratteristiche presenti nei client più comuni (chat, salvataggio delle conversazioni, trasferimento di file) ad un sistema di telefonate basato su un network Peer-to-peer. Gli sviluppatori sono gli stessi che hanno realizzato il popolare client di file sharing Kazaa, ossia la Sharman Networks.
Skype, ad oggi, ha ottenuto un buon successo (conta all’incirca quasi 7 milioni di utenti) sebbene la sua diffusione sia stata contrastata da altri software similari con brand molto noto (MSN di Microsoft).
Skype funziona sostanzialmente in due modalità: peer-to-peer e disconnesso. La prima, che permette di effettuare telefonate completamente gratuite, funziona solamente se sia il mittente che il destinatario sono collegati a internet e sono connessi tramite il client Skype. In questo modo il suo funzionamento è analogo ad un qualsiasi sistema di instant messaging come ICQ o AIM o MSN Messenger. La seconda permette di poter effettuare telefonate ad utenze telefoniche (fisse o mobili) di utenti non collegati tramite computer. In questa modalità a pagamento, il cui nome commerciale è SkypeOut, la comunicazione corre via Internet fino alla nazione del destinatario, dove viene instradata sulla normale rete telefonica del Paese.
I costi ridotti sono dovuti al fatto che la telefonata sfrutta i normali mezzi della trasmissione telefonica solamente in prossimità della destinazione, per tratte caratterizzate dal basso costo delle telefonate locali: quindi, se telefono a Pechino in Cina, solamente quando i dati arrivano a Pechino saranno riconvertiti in analogico e trasmessi. Questa modalità non ha avuto però grandissimo successo.
Per poter funzionare Skype ha bisogno di poco: un sistema operativo sia esso Linux, Macintosh, Windows o Pocket PC, un collegamento Internet (consigliata l’ADSL) , una scheda sonora ed un microfono. In alternativa esistono già in commercio telefoni USB oppure Cordless che supportano il protocollo VoIP. Recentemente è stata introdotta nella versione PC anche la possibilità di effettuare chiamate video, utilizzando le comuni webcam o telecamere digitali tramite connessione FireWire.
Skype è un’innovazione di tipo radicale, perché ha mutato profondamente il concetto banale di telefonata; ha reso possibile (quando gli utenti “condividono” il software) telefonate completamente gratuite da e verso qualsiasi posto del mondo.
Skype ha segnato perciò una rottura rispetto al passato facendo nascere una nuova architettura di telefono.

La lampada fluorescente
Nasce per un’esigenza non di illuminazione, ma per poter essere oggetto illuminante adatto ad essere forgiato in forme che la normale lampadina a filamento non può consentire. Ciò utilizzando una tecnologia completamente differente dalla lampada a filamento ma con il medesimo effetto (illuminazione) e sorgente energetica (elettricità). Infatti il neon utilizza la tecnologia della ionizzazione dei gas (neon, appunto) che gli permette di prescindere dalle forme della lampada. Negli anni il neon è anche diventato sinonimo di risparmio energetico in quanto consuma mediamente metà e illumina quattro volte rispetto a una lampada a filamento

GPS
Il sistema GPS ovvero Global Position System è un sistema estremamente preciso di determinazione delle coordinate geografiche di punti; inizialmente concepito per usi esclusivamente militari è stato dato in concessione per usi civili, anche se con una precisione di gran lunga inferiore.
Utilizza satelliti della classe NAVSTAR (NAV igation Satellite for Timing And Ranging) di proprietà del Dipartimento della Difesa USA, I satelliti utilizzati sono 24, che ruotano in orbite molto elevate (20.000 Km) e garantiscono una ottima copertura di tutto il pianeta con un’elevata precisione ed una maggiore sopravvivenza.
Con il GPS è possibile ottenere coordinate geografiche di: un punto, che può essere sinonimo di ingresso, scarico, manufatto ecc. un’area, che può essere una planimetria, una vasca , ecc. una linea, sia essa un fiume, una tracciato di rete fognaria, una strada ecc.
Riteniamo il navigatore satellitare nello specifico, un innovazione di tipo architetturale poiché
sfrutta la tecnologia GPS o meglio è un’ applicazione di essa.

Coca Cola
Tutto cominciò in un giorno di maggio del 1886 dietro la casa di John S. Pemberton ad Atlanta in Georgia. Pemberton era un farmacista che, come tanti allora, si faceva chiamare “dottore”, anche se non si è mai trovata traccia di una sua laurea in medicina.
L’8 maggio 1886, nel giardino dietro casa al n.107 di Marietta Street, Pemberton preparò lo sciroppo per un nuovo tonico in una caldaia di ottone. Dopo quel sabato portò la sua brocca di sciroppo alla farmacia Jacob, uno dei più grandi drugstore di Atlanta. Il bar dove si servivano bevande e gelati era gestito da Willis E. Venable.Pemberton convinse Venable a mescolare un po’ dello sciroppo con acqua e a provarlo. Al gestore piacque e decise immediatamente di venderlo. Così quel giorno di maggio per la prima volta qualcuno pagò un “nichel” (5 centesimi) per un bicchiere della preparazione di Pemberton. In un paio di giorni fu scelto il nome di Elisir e sciroppo di Coca Cola. Vari soci della Compagnia Pemberton presero parte alla scelta del nome: Pemberton stesso, il suo socio Edward W. Holland, David D. Doe e il segretario contabile della Compagnia, Frank M. Robinson. Proprio a quest’ultimo venne l’idea di mettere insieme le parole “Coca” e “Cola”, due degli ingredienti del tonico. Egli suggerì anche di scrivere il nome in corsivo in caratteri “Spencer” che era la forma di scrittura allora più diffusa.
Piochè la Coca-Cola era stata creata e pubblicizzata da Pemberton come cura per il mal di testa, Wilkes si era seduto al banco e aveva richiesto a voce bassa un bicchiere di Coca-Cola. Il cameriere per sbaglio mescolò lo sciroppo con acqua frizzante. La bevanda piacque a Wilkes e diede sollievo alle sue tempie martellanti. Da allora divenne consuetudine mescolare lo sciroppo di Coca- Cola con acqua frizzante.
Il 30 agosto 1888 Asa Candler comprò la proprietà di Woolfolk Walker e sua sorella per mille dollari. Non c’è dubbio che la Coca-Cola non esisterebbe oggi se Asa Candler non vi fosse stato coinvolto. Il vero genio di Candler era nel marketing, una capacità che ha cambiato questa medicina artigianale da un semplice tonico in una bevanda che si mette automaticamente nella lista della spesa. Ci si può chiedere cosa avesse visto Candler in questo tonico poco conosciuto che aveva venduto appena 4000 litri in quasi due anni. La risposta non risiede in cosa avesse visto o previsto nel prodotto ma in quello che sentiva, cioè emicranie fortissime e costanti. Asa aveva dovuto convivere con questi mal di testa da quando era stato coinvolto, da bambino, in un terribile incidente.
Uno degli scopi di Pemberton nel creare la Coca-Cola era quello di trovare una cura per il mal di testa. Durante il primo decennio della sua esistenza la Coca-Cola era considerata una medicina. Candler stesso l’ha pubblicizzata nel 1890 come “Il meraviglioso tonico per il cervello e per i nervi. Notevole agente terapeutico”.
Ecco perchè la CocaCola è davvero un prodotto di innovazione architetturale: sciroppo curativo+ acqua minerale

Incrementali

ADSL
La tecnologia ADSL (acronimo dell’inglese Asymmtric Digital Subscriber Line) permette l’accesso ad internet ad alta velocità. Attualmente, la velocità di trasmissione va dai 640 Kilobit per secondo (Kb/s) in su, a differenza dei modem tradizionali di tipo dial-up, che consentono velocità massime di 48 Kb/s, e delle linee ISDN che arrivano fino a 128 Kb/s (utilizzando un doppio canale a 64 K).
Peculiarità della tecnologia ADSL è la possibilità di usufruirne senza dover cambiare i cavi telefonici esistenti e senza dover usare linee separate per i dati e per le comunicazioni-voce normali: sul doppino telefonico in rame, è infatti possibile far viaggiare contemporaneamente sia i dati digitali che il segnale telefonico analogico, grazie alla banda differente usata per i due segnali: la voce usa le frequenze tra 300 e 3400 Hertz (Hz), mentre l’ADSL sfrutta quelle sopra i 4 Khz.
Dal punto di vista del marketing, l’ADSL è un’innovazione di tipo incrementale poiché ha migliorato la funzionalità dell’accesso ad internet. Questi tipi di innovazioni avvengono in modo più o meno continuo in ogni industria o attività di servizio, con ritmi diversi nei settori, a seconda della combinazione di pressioni provenienti dal lato della domanda e dal lato delle opportunità tecnologiche. L’ADSL ha perfezionato l’efficienza delle linee telefoniche di tipo tradizionale.
Infatti ha portato ad un miglioramento di una tecnologia già esistente (la linea con il modem a 56 K e/o quella ISDN) ed ora si sta sviluppando in quasi tutta Italia.

Musicassetta
La musicassetta è un supporto fonografico a nastro magnetico molto diffuso e popolare per la economicità e la sua semplicità d’uso: un piccolo contenitore con due bobine che raccolgono il nastro su cui può essere registrato materiale sonoro. La musicassetta è stata introdotta sul mercato nel 1963 dalla Philips.
La musicassetta è stata inizialmente concepita per l’uso nei dittafoni, per i quali la fedeltà della riproduzione non era particolarmente critica, ma presto, grazie alla sua praticità e compattezza divenne uno strumento popolare anche per l’ascolto di musica preregistrata. Dalla metà degli anni ’70 la qualità del nastro fu nettamente e progressivamente migliorata passando da supporti magnetici realizzati esclusivamente con ferro o ferrite a supporti prima al cromo, ferricromo e successivamente in lega metallica appositamente studiata (cassette metal). Con il miglioramento del supporto magnetico e la concomitante produzione di sempre più validi apparecchi per la registrazione e riproduzione di compact cassette, la musicassetta riuscì a sostituire più che decentemente le classiche e costose bobine, quantomeno negli impianti Hi-fi domestici, inoltre la cassetta rappresentava il modo più conveniente per ascoltare musica al di fuori dell’ambiente domestico, principalmente in automobile.
Molti computer degli anni ’70 e ’80 hanno utilizzato la musicassetta come supporto per la registrazione dei dati. Le ragioni fondamentali di questa scelta tecnologica sono legate al basso costo del supporto e dei relativi dispositivi (al tempo già largamente diffusi). Nella maggioranza dei casi la musicassetta veniva registrata con dispositivi analoghi a quelli utilizzati in campo audio o addirittura con normali registratori connessi al computer, utilizzando una tecnica di modulazione denominata FSK. La quantità di dati che la maggior parte dei micro computer poteva registrare su un lato di una C90 era di circa 500 Kbyte.
E’ un’innovazione di tipo incrementale proprio in quanto evoluzione delle precedenti bobine di nastro, più delicate e difficili da maneggiare pur mantenendo il medesimo supporto plastico in ferrite magnetizzabile.

Da Floppy a Cd
Un classico esempio di bene incrementale è sicuramente il passaggio dal Floppy disk al più moderno cd-rom. Il floppy disk nasce verso fine anni 70 con l’avvento dei primi Home-Pc, inizialmente si presenta con il formato 5 ¼ e intorno ai primi anni ’90 viene sostituito dal formato 3 ½ più piccolo e comodo. Il floppy è stata la prima periferica di memorizzazione esterna che permetteva di salvare all’interno del floppy file da un contenuto limitato. Per esempio potevano contenere programmi per videoscrittura o, più semplicemente, videogiochi con cui passare il tempo. Insomma il floppy-disk ha avuto un ruolo fondamentale per i pc. Nella prima metà degli anni 90 il mercato informatico si è espanso oltre ogni modo, sia dal punto di vista dell’hardware che del software. È nata Microsoft, l’Olivetti è fallita e nei componenti pc è nato il Cd-Rom, prima in coesistenza con il floppy ma ormai adesso si può tranquillamente affermare che è andato a sostituirlo. Il lettore cd è stato necessario a causa della sempre maggiore espansione dei software per pc che richiedevano un quantitativo di spazio sempre più elevato. I floppy hanno una capacità di memorizzazione di soli 1.4 mb, i cd-rom hanno capacità dai 600 agli 800 mb, quindi è facile intuire come mai quest’ultimi siano andati a sostituirli nel mondo dell’informatica sempre in continua evoluzione.
Tornando al punto della domanda, è molto facile capire perché il passaggio da Floppy a Cd è un classico esempio di passaggio incrementale: floppy e cd svolgono lo stesso compito, ovvero memorizzare dati, ma il cd è la naturale evoluzione del floppy perché cambia solo nella forma ma ha un capacità di memorizzazione molto più alta.

Laser per applicazioni civili
Laser è l’acronimo inglese di Light Amplification by the Stimulated Emission of Radiation, ovvero Amplificazione di Luce tramite Emissione Stimolata di Radiazioni. Successivamente alla sua invenzione nel 1960, il laser è stato usato diffusamente per scopi medici. La risposta terapeutica dipende in maniera complessa dalla scelta della lunghezza d’onda, della durata di irradiazione e della potenza del laser. Combinazioni diverse di questi parametri sono impiegate per trasformare l’energia luminosa in energia meccanica, termica o chimica. Generalmente, gli effetti meccanici sono prodotti dall’applicazione di brevi impulsi (dell’ordine dei nanosecondi) e alte energie.
Nata sicuramente come tecnologia radicale, capace di rivoluzionare, cambiare e stravolgere molti settori (in particolare quello medico, fornendo numerose nuove possibilità di operazione o cura), il laser si è ulteriormente sviluppato in tempi recenti. Le novità tecnologiche, si sa, precorrono ed annullano i tempi. La società californiana Novalux, per esempio, i primi di giugno 2006, ha presentato al SID (Society for Information Display) in San Francisco un prototipo di televisione a retroproiezione laser ad alta definizione. Prodotto dalla Mitsubishi e messo a confronto con una televisione al plasma da 50 pollici ha prodotto da subito un’immagine molto più luminosa e chiara rispetto alla “vecchia” tecnologia.
Ed ecco quindi che il laser si rinnova, cambia volto entrando all’interno di un apparecchio a noi familiare come il televisore, “trasformandosi” in qualche modo in una tecnologia incrementale (seppur di se stessa. Gli ambiti di sviluppo del laser sono innumerevoli per poterli citare tutti ma non bisogna dimenticare il grande supporto dato allo sviluppo dell’informatica, dove per esempio sta portando ad graduale soppiantamento della tecnologia ottica. La straordinaria caratteristica della lunghezza d’onda della luce laser è in grado di rivelare dettagli della superficie notevolmente superiori rispetto a quelli del diodo (LED) a luce rossa presente nei mouse ottici.

L’orologio, un oggetto senza tempo…

Bello, brutto, vecchio, nuovo, più o meno appariscente…è l’oggetto che non può mancare a nessuno, senza il quale davvero ci si sente persi: l’orologio.

È diventato parte integrante della nostra vita e si fa fatica a stare senza. Ognuno di noi, però, ne fa un “uso” diverso, o meglio: l’uso è lo stesso, ciò che cambia è la funzione che gli si attribuisce. Per alcuni è un semplice indicatore temporale e la sua bellezza non alcuna importanza, mentre hanno molta più rilevanza il movimento al quarzo e la precisione. Per altri, ciò che conta non è la precisione, ma il fattore estetico. Ecco allora che entrano in scena tutti quegli orologi che si vedono nelle vetrine dei negozi, scintillanti di acciaio, tempestati di brillanti, sempre molto colorati e adatti ad attirare l’attenzione. In alcuni casi l’orologio, oltre ad essere un indicatore temporale, è anche un indicatore socio-economico: imprenditori, politici, persone della città “bene” sono disposti a spendere migliaia di euro per un orologio. Ultimi, ma non meno importanti, sono i collezionisti. Queste persone hanno una vera e propria fissazione per gli orologi, anche se magari sono dei ritardatari cronici…..

Passiamo alle nostre mappe percettive…

La prima categoria di consumatori di orologi è quella dei BAMBINI. Si, proprio loro! Dovranno pur imparare a leggere l’ora, o no?? Ed ecco allora tutta una serie di orologi studiati appositamente per le loro esigenze, per rendere più facile e divertente imparare. Le marche più diffuse sono, ovviamente, Flick Flack e Disney’s e Swatch. Caratteristiche importanti per gli orologi da bambini devono inoltre essere la resistenza, soprattutto agli urti e alle macchie (i Flick Flack si possono addirittura lavare in lavatrice), e l’economicità, in quanto un genitore non è disposto a spendere troppo per qualcosa che sicuramente verrà rovinato. Questi consumatori non hanno, per ovvie ragioni, nessun potere d’acquisto e sono generalmente i genitori o i nonni a regalare gli orologi, ma è pur sempre vero che i bambini di oggi hanno una grandissima influenza sulle scelte d’acquisto degli adulti. È soprattutto per questo motivo che molti brand dedicano ai bambini parte della loro attività pubblicitaria, cercando di cogliere gli aspetti che su di loro hanno una maggiore attrattività.

La seconda categoria è quella dei PERFETTINI. A questo gruppo appartengono tutti quei ragazzi amanti della moda e del look, che vogliono essere precisi in ogni particolare. Ma non solo: appartengono a questa categoria tutte quelle persone, di età molto varia, che amano avere un look curato e serio, ma alla stesso tempo giovanile. E in questo scenario l’orologio non è certo un particolare insignificante. I più maniaci arrivano ad abbinare l’orologio alle scarpe ed alla cintura, altri si limitano ad una scelta dicotomica tra sportivo-casual ed elegante. È un gruppo piuttosto trasversale, che va dai ragazzi di 18/20 anni fino ai 40 anni ed oltre. Le marche più apprezzate da questa categoria sono Chronotech, Breil, Tribe, Fossil, Sector, per un look sportivo-casual, mentre Guess, D&G, Cavalli sono sfoggiati in occasioni più eleganti o comunque mondane.

La terza categoria è quella degli ARRIVATI”. Non inteso in senso spregiativo, gli arrivati sono quella categoria di cui fanno parte imprenditori, politici, ricchi, in poche parole quelli delle città “bene”. Per tutte queste persone l’orologio non è solo un complemento del vestiario, ma è soprattutto uno status simbol, un indicatore socio-economico. Le marche più apprezzate sono anche le più costose, da Cartier a Bulgari, da Audemars Piguet a Frank Muller, per arrivare fino agli intramontabili Rolex ,Tag Heuer o Longines.

Quarta categoria è quella dei COLLEZIONISTI. Sono tutti coloro che amano questo oggetto in modo maniacale, che lo venerano, che ne possiedono tanti, veramente tanti. Addirittura, alcuni di loro nemmeno usano gli orologi per paura di romperli, strisciarli o, peggio, perderli. Sono disposti a spendere anche 40/50000€ per un pezzo di particolare pregio, in serie limitata o in edizione speciale (Frank Muller, Ulysse Nardine, Patek Philippe). Non è inoltre necessario che gli orologi che vengono collezionati siano di marche prestigiose, c’è per esempio chi colleziona i più commerciali Swatch.

 

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I Ciclisti – homo ciclotrapanatus

I Ciclisti
homo ciclotrapanatus

Chiesa di Galzignano, PD. In attesa di cominciare il settimanale giro di allenamento: Monte Fasolo, Calto Callegaro, Roccolo, Monte Venda, incontriamo un gruppo di ciclisti mountain biker del CAI di Este e cerchiamo di comprendere i caratteri di questo gruppo.

La prima cosa che colpisce nella tribù dei ciclisti è l’eterogeneità dell’età: ragazzi di 25 anni e persone ormai 65enni che escono e si riuniscono come fossero tutti coetanei. Molto trasversale come tribù. Cosa piuttosto singolare ad esempio pensando alla moda; ma non così eccezionale per degli sportivi. Il perché non ci siano molti ragazzi al di sotto è presto detto: autonomia economica.
Infatti le biciclette che vediamo non si trovano nei discount o al grande magazzino. La maggior parte è costruita su misura, su indicazioni specifiche del ciclista ma soprattutto sulla configurazione antropomorfica del proprietario. Non va dimenticato inoltre che spesso gli appassionati tendono a possedere più di una bicicletta, distinguendole per l’uso: città, montagna, corsa su strada. Ognuna con le proprie specifiche caratteristiche che la rendono unica, e insostituibile, nel suo genere.

Sguardi attenti indagano sulle biciclette altrui possibili migliorie apportate durante la settimana. E che smacco se si trova magari una nuova serie di viti in ergal sulla guarnitura anteriore: 13 grammi in meno rispetto alla serie precedente in acciaio. Sarà anche costata 60 euro ma vuoi mettere? La diminuzione di sforzo necessario per mettere in rotazione la massa della guarnitura è sensibilissima, specialmente dopo il 50 chilometri che spingi. La verità? Le viti in ergal sono di un bel rosso acceso e risaltano bene sulla guarnitura nera, le danno un tocco particolare, un appeal corsaiolo ti mette più energia dentro. Oh, invidia, rabbia, frustrazione. Ma la prossima settimana anche gli altri esibiranno qualcosa di nuovo. Magari un copertone tubeless, che permette di guadagnare almeno 35 grammi per la mancanza della camera d’aria. Certo, costa 45 euro, si deve cambiare il cerchio e farlo riassemblare per un costo di altri 170. ma vuoi mettere? Quando gli altri lo vedranno avranno di certo un accesso di bile tale per cui resteranno 3 giorni con la bocca amara… e soprattutto lo ammireranno, questo capolavoro. Beh, certo lo si è fatto solo perché l’inerzia delle masse rotanti se ne avvantaggia e quindi si può spingere meglio e più a lungo.
La tribù di ciclisti veste completini diversi, oggi, ma quando esce in modo ufficiale esibisce la livrea del Club. E’ importante l’essere riconosciuti tra migliaia di appassionati. Ovviamente anche il corredino di questa uscita è stato oggetto di una scelta a monte molto accurata: deve intonarsi con il colore della bicicletta, deve rispondere a decisi requisiti di tipo funzionale, specialmente nel cavallo (!!). In generale si tratta di “attrezzatura tecnica” entrata ormai nel normale vocabolario di ogni sportivo, non solo il ciclista. Quante volte ci è capitato di sentire qualche nostro “vecchio” dire che ai suoi tempi per giocar a calcio bastava un pallone e due porte fatte con le giacche; oggi il calciatore come il ciclista non si accontenta di un paio di pantaloncini e una maglietta ma ha un preciso vestiario. Divisa, polsino o qualsiasi altro accessorio sono d’obbligo e servono a distinguere il ciclista “vero” dall’amatore meno diligente. Non parliamo poi di scarpe con slaccio rapido, guanti con gel sui palmi, caschi resistentissimi e occhiali speciali, anti-sasso, anti-scivolamento, anti-riflesso. Basta che non siano anti-chi.

La tribù dei Ciclisti ha sempre un leader, una persona che conosce meglio di altri le piste da percorrere. Si riconosce per la ampia dotazione di cartine del posto, magari è dotato anche di gps. Sarà colui che guiderà la tribù in cerca di nuove avventure e che in qualche modo si farà carico di aspettare gli ultimi o di guidare la carica in discesa in mezzo a rovi e rocce taglienti. Il leader è in genere una persona con anni di esperienza, che ha girato molto in lungo e in largo e che è ritenuto da tutti come l’anima trainante della tribù, essendogli attribuita una capacità di collegamento tra le diverse piste superiore agli altri.

Il ciclista si aggiorna continuamente. Le sue fonti di informazione ormai sono ovunque: riviste specializzate (bicicletta. Mountain bike world, gran fondo), portali internat (www.cycling.it, www.mtb-doc.it, www.cicloweb.it) blog ( www.bloggers.it/mondociclismo/) trasmissioni televisive su reti minori (Telenordest).
Il suo aggiornamento viene completato da settimanali riunioni presso la sede del club, sede istituzionale dove, specialmente nei team maggiormente numerosi e dediti alla partecipazione di competizioni, viene scelta la squadra per la prossima gara o viene pianificato il percorso per l’escursione del sabato. Durante le riunioni i ciclisti si scambiano pareri ed opinioni sulle nuove attrezzature, sulle officine migliori. Stranamente, ognuno ritiene il proprio meccanico un dio in terra nel settore e quindi non esiste un vero e proprio punto di riferimento o”tempio” della bicicletta.
Rivestono poi una notevole importanza le associazioni “amici della bicicletta” nate un po’ in tutti i comuni d’Italia per lottare contro lo smog del traffico cittadino. Si aderisce agli Amici della Bicicletta non tanto per ricevere un servizio, ma soprattutto per motivi ideali, cioè per contribuire, finanziariamente e moralmente, all’attività perseguita dall’associazione (proposte e battaglie per i diritti dei ciclisti, per la moderazione del traffico, proposte ed iniziative cicloescursionistiche, ecc.). Ed ecco che quindi al puro piacere del ciclista si può aggiungere un dovere morale, un obiettivo sociale, un ulteriore collante per questa variegata Tribù.

Il ciclista ha un carattere gioviale ed aperto, non sempre comune agli sportivi, specialmente dei gruppi, che verosimilmente tende ad escludere coloro i quali non riescono a tenere il passo. Infatti il gruppo è sempre molto aperto, disponibile ad accettare nuovi amici e simpatizzanti. E’ bello infatti poter contare su un gruppo numeroso durante le escursioni. Per quanto sembri uno sport individuale la squadra è sempre molto presente: vuoi per la motivazione interna nei momenti difficili, vuoi per la tecnica della volata in gruppo o per farsi tirare. O magari per fermarsi a metà dell’escursione per riunirsi intorno ad una tavola. Il ciclista è talmente tanto orientato al gruppo che organizza perfino intere vacanze in bicicletta, alla scoperta di nuove emozioni, limiti e paesaggi da ammirare. L’attività del ciclista quindi è molto impegnativa. Dal punto di vista della gestione temporale, in quanto per essere in linea con l’allenamento generale dedica ogni ritaglio di tempo per mettersi sopra al proprio mezzo e pedalare. Ciò vuol dire anche sacrificare la vita familiare, ma cosa piuttosto comune tra gli sportivi, anche a livello amatoriale.
Ma è dal punto di vista economico che vediamo quanto questa passione diventi importante. Abbiamo visto come l’età nel gruppo sia eterogenea. Ma lo è anche lo status sociale, anzi, socioeconomico. Infatti verifichiamo che le occupazioni, e i redditi, sono i più vari. Ma non lo sono le attrezzature! Si pensi ai soli telai, costruiti su misura, in leghe di alluminio (o in certi casi fibra di carbonio) leggerissimi. E a tutto ciò che sul telaio va installato, che deve essere rigorosamente dell’ultimo anno di produzione, chiaramente per essere coordinato al livello di efficacia (e non di efficienza!!) del nuovo sauro metallico. Difficilmente le biciclette sono aggiornate solo nei particolari. O, almeno, lo sono nei materiali di puro consumo come coperture, pattini dei freni ecc. Ciò vuol dire che è messa in capitolato una sostituzione verosimilmente annuale/biennale della bici. Un’idea dei costi? Da 1500 a 4500 euro. Si pensi poi all’abbigliamento, supertecnico, leggerissimo, traspirante e imbottito. Costi veramente impressionanti se li si rapporta all’uso, utilità e indispensabilità. Anche qui un’idea? Salopette estiva 99 euro, maglia 75 euro, guanti 54 euro…
I sacrifici che un ciclista deve affrontare per il rinnovo della sua attrezzatura sono quindi elevati. Ma ciò non tragga in inganno l’osservatore occasionale. Tutti, all’interno del gruppo, che siano professionisti o operai apprendisti, hanno gli stessi mezzi, anzi. Molte volte i meno abbienti posseggono cose molto più costose di colleghi dei squadra più abbienti.
La bicicletta viene vista quindi non come un mezzo per farsi trasportare o con cui fare dello sport fine a sé stesso, ma come bene edonistico per mezzo del quale rappresentare la propria identità. Si pensi ad esempio al ciclista da strada e a quello di down hill: uno espressione di metodo e costanza l’altro di dinamicità e non convenzione; l’uno vestito di tutto punto l’altro (tranne durante le gare) come un finto-mendicante (con una bicicletta da 2500 euro).
“Se cardine della modernità era la produzione, oggi al centro è proprio il consumo, sempre meno di merci e sempre più di simboli e di segni: la performance del prodotto è superata dai significati semiotici degli oggetti. Gli oggetti stessi non sono più gli status symbol di una volta, ma dei mezzi liberamente scelti e combinati per comunicare la propria identità.” Scrive Marianna Boero, e capiamo benissimo come la tribù dei ciclisti da noi analizzata rientri a pieno diritto nella post modernità.
Sta proprio in questo l’atteggiamento nei confronti del loro mezzo di rappresentazione: espressione della personalità, sostituibilità nel momento in cui non dovesse essere più un modello valido, tramite per entrare in contatto con proprio simili e condividerne valori culturali, simbolici, semantici e temporali.

Alcune foto:

Google si compra YouTube: analisi delle strategie

Premesse

Cos’è Google: Leader mondiale dei motori di ricerca. Società che oggi vale 132 miliardi di dollari.
Da cosa Google trae profitti? Pubblicità su web. Google ha elaborato degli algoritmi tali per cui ad una ricerca associa contenuti, a pagamento, coerenti con la ricerca in corso. Ciò vuol dire per gli inserzionisti avere una visibilità maggiore su un possibile cliente.
Gli inserzionisti quindi evidenziano, nella fase di redazione della pubblicità, alcune parole chiave per cui, alla ricerca normale, il loro messaggio potrà essere messo in evidenza. E’ quindi l’evoluzione del tradizionale “pay-per-click” random.
Tra i servizi che Google offre gratuitamente agli utenti c’è anche video.google.com che consente a chiunque di caricare i propri video all’interno dei server Google e quindi di metterli a disposizione dei e-navigatori.
Nel mercato della condivisione di video attraverso Internet, Google ha una quota pari la 10,25%.

Cos’è You Tube: Leader nella distribuzione di video online con una quota di mercato superiore al 45%. New media company, fondata nel 2005 per caricare/scaricare facilmente e gratuitamente i video dal web. È usata soprattutto dai giovani e attualmente genera circa 70 milioni di visioni video al giorno e pubblica quotidianamente almeno 60 mila video inviati dagli utenti.
Da cosa trae profitti You Tube? Pur essendo top secret le strategie di business di You Tube, è facile intuire come le entrate derivino quasi esclusivamente dalla pubblicità, attuata con meccanismi simili a quelli di Google ma con risultati purtroppo terrificanti.

Domanda: considerato che la macchina pubbliciaria creata da Google è praticamente perfetta perché allora investire 1,65 miliardi di dollari in un’operazione che porta ad inglobare una società che, secondo il settimanale finanziario statunitense “Business Week”, perde 1,5 milioni di dollari al mese?

Partiamo da un assunto: il business in Internet è la pubblicità.
Tutti i servizi creati ed offerti all’utente, in termini di ritorno economico, possono essere visti come gingantesche bacheche dove clienti interessati possono far conoscere i propri prodotti tramite l’affisione del loro marchio.
Dove questo business è maggiore e quindi io gestore di un servizio in Internet ( ma lo stesso concetto è applicabile ad esmpio alle trasmissioni televisive ) posso farmi pagare profumatamente i miei spazi pubblicitari? – Naturalmente laddove il vuolume dei contatti e dunque dei potenziali obiettivi di chi compra uno spazio pubblicitario
è maggiore.
Abbiamo ricordato in precedenza i numeri di You Tube e dunque la sua appettibilità sotto questo aspetto.
Ma c’è di più: Google ha sviluppato un algoritmo nella selezione delle pubblicità che sembra sposarasi perfettamente con la ricerca di video via Internet . La pubblicità “Ad Sense” infatti, permette di selezionare un messaggio coordinato con la ricerca di un determinato video.
Secondo alcune indagini di mercato di eMarketer You Tube e Google insieme potrebbero raccogliere entro il 2010 2,5 miliardi di fatturato contro gli attuali 310 milioni di dollari, moltiplicando quindi di ben sei volte gli incassi, pari al 10% della pubblicità via Internet. Questo sarebbe possibile grazie all’acquisizione di maggiori contenuti all’interno del sito, in grado di richiamare l’attenzione di molti più visitatori. E conseguenza di questo processo sarà proprio un maggior numero di inserzionisti, che porteranno ad un incremento dei guadagni.

Altro – Recentemente You Tube ha raggiunto un accordo col colosso dei media Time Warner, che aprirà sulla start-up il suo formidabile catalogo di video musicali. Finora le grandi compagnie di media avevano duramente contrastato, anche legalmente, i siti come You Tube, accusandoli di commercio illegale su Internet. Ora la Warner cambia strategia e punta ad offrire gratuitamente i suoi video musicali, in cambio di una spartizione delle entrate pubblicitarie. Il lavoro per Google diventa dunque più sicuro essendo scongiurato il rischio di azioni legali o chiusure come successe per Napster.
Sempre in quest’ottica, cambia il rapporto con la stessa Warner: Gli analisti prevedono che unendo le loro forze You Tube e Google avranno la possibilità di far sentire la loro voce con maggior autorevolezza nei confronti di potenziali fornitori di contenuti che oggi mettono a rischio la continuità del servizio, per i complicati problemi di copyright posti dai filmati caricati da privati cittadini che usano spezzoni (se non interi) brani tratti da spettagli Tv, film e telefilm, senza autorizzazione. Google ha le risorse tecnologiche necessarie per discernere automaticamente i filmati coperti da copyright, ma soprattutto ha anche la credibilità necessaria per trattare alla pari con grandi gruppi che oggi minacciavano You Tube per infrazione dei diritti sulle immagini. Altri importanti contratti sono stati già firmati anche con Universal Music, Sony BMG e soprattutto con CBS. È proprio con quest’ultima che Google e YouTube intendono “televisizzare” il loro sito, proponendo in un futuro non troppo lontano programmi televisivi tra la vasta gamma di prodotti offerti.

Su You Tube in molti avevano messo gli occhi, soprattutto Yahoo, il piùdiretto competitor di Google in quanto gestore del secondo motore di ricerca più cliccato della rete. Il connubio Yahoo-YouTube sarebbe stato quantomeno deleterio per Google in quanto si sarebbe visto travolto da Yahoo in uno dei mercati più interessanti e prosperosi dei prossimi anni, ovvero la tv via internet.
In termini di sviluppo di nuove tecnologie, Google e You Tube sembano destinati ad avere già un partner che altri non sarebbe che Apple. La società di Cupertino, sempre secondo indiscrezioni, potrebbe avere già intavolato una trattativa per dare accesso alla Tv da salotto, attraverso iTv, ai filmati di Google Video, in termini di pubblicità e di ritorno sui giornali di questa operazione, i vantaggi sulla concorrenza sembrano notevoli.

Per quanto riguarda il management sembra che il sito You Tube continuerà ad operare in maniera indipendente, conserverà il suo marchio e i suoi 67 dipendenti, consentendo a Google di non dover caricare ulteriormente i costi di gestione di un servizio che per altro attualmente funziona benissimo.

Inoltre l’acquisizione di YouTube vuole anche essere la risposta a Microsoft, che con il proprio motore MSN ha nei giorni scorsi implementato il proprio servizio video. Ciò quindi consente a google di non perdere sul mercato ma anzi di essere vista sempre come l’azienda innovatrice che regala i propri servizi ad un mercato di 600Mln di utenti in continua crescita e bramosi di novità.

Strategie
Quindi le strategie che stanno alla base dell’acquisizione di YouTube da parte di Google potrebbero essere:
Aumento del vantaggio competitivo, tramite un’offerta maggiore rispetto i concorrenti, e un maggior introito derivante da un nuovo canale di vendita
Quindi una catena del valore migliorata anche in virtù di una tecnologia consolidata, pronta all’uso, che, nonostante le attuali perdite ingenti, sfrutta la sinergia di due leader per creare valore nel medio termine.
L’aver almeno per il momento messo in minoranza gli attuali competitor e, avendo acquisito una tecnologia che pone grandi barriere all’entrata sul mercato di nuovi, crea quel meccanismo competitivo che rende il colosso attualmente al riparo.
Dall’altra parte diventa molto forte anche con gli acquirenti, gli inserzionisti, in quanto dispone di un prodotto/servizio unico sul mercato che può essere venduto molto facilmente e (magari) a qualunque prezzo.

Possiamo inoltre rilevare molte ottimizzazioni nelle attività primarie: raccolta e gestione della pubblicità uniche, utilizzo di tecnologie comuni già esistenti.

L’acquisto offre soprattutto a Google la possibilità di recuperare posizioni in un settore, quello del multimedia e dell’IPTV, in cui è rimasto indietro non solo rispetto a You Tube ma anche a Myspace Videos, l’area video del portale di Murdoch.
Inoltre, il semplice fatto di scalare le classifiche dei siti più visitati porta ad un notevole ritorno di immagine in positivo,portando una forte spinta propulsiva per Google stessa.

Smontiamo il marketing

Come essere certi del proprio domani se non si fa del marketing anche con sè stessi?

Già… il mondo in cui viviamo, e in cui si èsempre vissuti ha avuto nel marketing, sebbene in modo inconsapevole, il mezzo con cui andare avanti.

Ad esempio: come fa un fiore per essere gradevole alle api o alle mosche? Due target di riferimento diversi con due strategie diverse e vincenti e con punti in comune: colori sgargianti per attrarre e odori distinti: profumi per le api, fetore di marcescenza per le mosche. Ovvero: adatto il mio prodotto al target che voglio colpire. E non è marketing? vabbè, qulcuno potrebbe chiamarlo adattamento all’ambiente: ma non è ciò che le aziende fanno quotidianamente?

Proporrei di cambiare il corso di laurea in “Adattamento all’ambiente dell’azienda” o “Evoluzione darwiniana aziendale”
Ergo: da queste premesse possiamo comprendere come cercheremo di smontare in un modo costruttivo (ossimoro demenziale) il marketing.

Parola di giovane marmotta.